
La porta cigolava come sempre, così come la maniglia montata al contrario.
Lo scoccare dello scurino che sbatteva sul muro sanciva l’ingresso in casa.
Tutto era come sempre: perfettamente al suo posto. Un odore di cenere e agrumi trovava spazio nel pulviscolo che galleggiava nell’aria, dei raggi di luce caldissima lo trapassavano, filtrati dalla porta d’ingresso quasi socchiusa. Avrei potuto percorrerla a occhi chiusi quella casa. Esplorata fin da bambino, sui muri erano incisi i segni dei miei palmi. Con le suole delle scarpe cercavo il pavimento ruvido, freddo come sempre, freddo come il tempo del ricordo.
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