‘Se guardi bene, davanti a te c’è una papera che guarda verso il mare’.
Ne avrei bisogno ora di quell’immaginazione, ora che anche il silenzio e la penombra mi infastidiscono. C’è un clima che manco nel deserto, freddo la sera e caldo la mattina, spremuta con ghiaccio quando il sole spunta e the caldo quando si nasconde dietro i monti di Villacidro. Maledetta papera, a farmi immaginare tutto per i cazzi miei. Chi l’avrebbe mai contraddetto mio padre e la sua voglia di sognare, che bastava scorrergli con le mani palmo contro palmo per entrare nella dimensione dei suoi sogni.
Davanti alla finestra di camera mia si vede tutto. Il vicino davanti a me che fuma affacciato sul davanzale, la vicina che guarda verso l’alto per capire se piove, i due che prendono a calci un distributore di sigarette per dieci centesimi, e quella vecchia volpe di Giacomo, sbronzo, su una panchina, che anche stanotte gli è andata bene e ha buttato giù due litri di vino scadente. Si vede tutto, non si può immaginare nulla.
Quella povera papera ora sarebbe un vecchio comignolo in acciaio, manco fumante, fermo.
Ci bastava poco per stare da un’altra parte del mondo. Ci bastava un padre.